Alberto Alesina è morto ieri, durante un’escursione in montagna.
63 anni, docente ad Harvard, dove aveva conseguito il PhD dopo la laurea in Bocconi, è stato uno degli economisti italiani più prestigiosi e, insieme a Tabellini, quello con il maggior numero di citazioni (il trentaduesimo al mondo, secondo Google Scholar). Da anni era in odore di Nobel per via dei suoi studi di politica economica (quella branca dell’economia che studia le interconnessioni tra economia e meccanismi decisionali dei legislatori).
Anni fa, l’allora ministro dell’economia tedesco Schauble selezionò uno sparuto gruppo di economisti e premi nobel blasonati, ognuno dei quali doveva presentare una prolusione su come rafforzare l’integrazione europea; tra questi, anche Alesina.
In Italia era noto in particolare come editorialista di punta del Corriera della Sera, in coppia con Francesco Giavazzi. Fu de Bortoli ad avere l’intuizione di farli scrivere insieme, inaugurando una vera e propria moda.
Insieme hanno scritto, oltre a innumerevoli editoriali, diversi saggi.
Goodbye Europa è il primo nel 2006. La tesi di fondo è che l’Unione Europea è una costruzione incompleta, ma non c’è bisogno di maggiore integrazione europea (“più Europa”), se non in alcuni ambiti, ad esempio quello fiscale; il modello a cui tendere, secondo i due economisti, è quello americano: l’America è destinata nel tempo ad aumentare la propria egemonia, a scapito dell’Europa, in ragione di un sistema economico e istituzionale più efficiente e flessibile.
Il capitolo più interessante del libro è quello sull’Euro: l’Italia ha tratto grandi benefici dall’entrata nell’Euro, soprattutto in termini di minori tassi di interesse e di minore inflazione. I risparmi generati dai minori tassi di interesse sul debito pubblico vennero in larga parte dissipati dal secondo governo Berlusconi.
Il liberismo è di sinistra è un libro pubblicato nel 2007 e costituisce un vero e proprio manifesto ideologico. Se il liberismo storicamente è sempre stato una dottrina economica “di destra” (in questo senso la loro è una provocazione intellettuale), è tuttavia possibile contemperare liberalismo ed equità sociale. Una sorta di ordoliberismo applicato al modello economico italiano; un liberismo temperato che mira a conciliare progressismo e libero mercato.
Giavazzi e Alesina hanno tentato, invano, di spingere la sinistra post comunista italiana verso posizioni più liberali. L’ascesa di Renzi (che loro hanno guardato con grande favore) era parsa a molti osservatori prodromica di questa tendenza, finché non si è acclarato che l’allora segretario del PD e presidente del Consiglio era poco o punto interessato a implementare riforme in tal senso.
Tra le loro proposte: il passaggio a un sistema previdenziale a capitalizzazione, un sistema di flexsecurity sul modello elaborato da Pietro Ichino e Tito Boeri, liberalizzazioni, maggior disciplina di bilancio con tagli imponenti alla spesa pubblica.
L’ultima loro pubblicazione è il risultato di un paper di notevole successo poi tradotto in italiano, scritto con Carlo Favero e dedicato all’austerità. Alesina è stato infatti uno dei più noti teorici, insieme a Rogoff, della “austerità espansiva“ (secondo questa teoria, ridurre deficit e spesa pubblica mediante tagli alla tasse e avanzo primario ha effetti espansivi sul PIL). Nel libro vengono citati ed enucleati casi virtuosi come Belgio, Portogallo, Canada, Irlanda e UK (sotto Cameron). Un precedente paper di Alesina del 2009, scritto con una studiosa della Bocconi, scatenò una feroce disputa intellettuale tra assertori dell’austerità da una parte e neokeynesiani dall’altra: secondo quello che oggi ormai è diventato un polemista di professione, Paul Krugman, questo studio è alla base delle politiche di rigore applicate in Europa durante la grande recessione; Blanchard si incaricò di confutarlo ravvisando errori grossolani nella stima dei moltiplicatori fiscali utilizzati.
I suoi studi più recenti sono incentrati sull’immigrazione (secondo un suo lavoro di qualche anno fa gli italiani sono ostili all’immigrazione anche perché ne sovrastimano largamente l’entità) o il gender gap (Alesina è stato fautore, con Andrea Ichino, di una proposta di minore tassazione delle donne per favorirne l’ingresso nel mercato del lavoro).
Questo il suo lascito intellettuale, ricchissimo. La sua scomparsa è una grave perdita per la scienza economica e il dibattito pubblico.
P.S.: Chi scrive talvolta non condivideva appieno ciò che scrivevano Francesco Giavazzi e Alberto Alesina sul Corriere della Sera, ma riconosco loro il grande merito di aver avvicinato più di qualche lettore alla scienza economica. Grazie al nitore delle idee (su cui ciascuno, come detto, può coltivare il proprio giudizio) e ad un modo di esporre facilmente comprensibile hanno reso i concetti di politica economica accessibili a tutti.
1 comment
Molto giusto, “il liberismo di sinistra”. E Renzi era ok da quel punto di vista, ma direi che in itaglia quel messaggio (nessun messaggio, in effetti) è comprensibile